Il destino dell'uomo
I problemi relativi al lontano futuro dell'umanità spesso si trovano relegati ai margini delle scienze, oppure vengono trattati esclusivamente a livello di fantascienza. Eppure, per poterli affrontare, la scienza ci sarebbe già di grande aiuto. Fra le molte sue branche che s'interessano di tali problemi, una delle più importanti è l'antropologia, specie quando questa prende in esame l'uomo nella sua complessità e interezza, cioè tanto sul piano bio-fisico quanto su quello sociale. Il sociale -come noto- emerge ed evolve in stretta relazione col biologico, benché le premesse biologiche non siano determinanti per l'evoluzione delle forme sociali.
La specificità dell'uomo, come oggetto di ricerca, si definisce per la sua universalità: in rapporto alla natura vivente della terra, l'uomo rappresenta una qualità nuova, unica, del movimento della materia ed è, di conseguenza, un fenomeno di significato cosmico sul piano evolutivo. L'evoluzione dell'uomo fa parte della più generale evoluzione della materia: ecco perché il suo futuro non può essere esaminato al di fuori dell'evoluzione dell'universo.
Tutto ciò porta inevitabilmente alla formulazione di domande molto importanti: qual è la durata probabile dell'esistenza della civiltà? la fine di questa esistenza è determinata dalla stessa dinamica dell'universo? qual è il ruolo degli esseri pensanti nell'universo? Rispondere in modo esauriente a queste domande è praticamente impossibile, ma esse si vanno facendo strada con sempre maggior vigore nella mente degli scienziati.
Il cervello umano può senza dubbio essere considerato come la conquista principale dell'evoluzione della materia sulla terra e forse nell'intero universo. Ed è stato, come noto, il lavoro collettivo a stimolare tale rapida cerebralizzazione, la quale, a sua volta, ha condotto, alla forma suprema del movimento della materia: la forma sociale.
Caratteristica dell'uomo moderno, 'informatico', è quella di poter prendere decisioni anticipate in situazioni di emergenza. Se e quando non lo facciamo è per negligenza non per incapacità. Paradossalmente è proprio lo sviluppo dell'informatica, che pur sembra escludere un particolare ruolo della coscienza, ad indicarci la responsabilità dell'uomo ogniqualvolta non si assumono decisioni conformi ai bisogni effettivi. Quanto più i processi si automatizzano, tanto più deve responsabilizzarsi la coscienza dell'uomo: questo è del tutto naturale.
Si può qui aggiungere che con l'evoluzione aumenta il ruolo strategico dell'informazione riguardo al problema dell'energetica. Se è impossibile separare informazione e materia, è anche vero che l'insieme delle proprietà energetiche e informatiche rappresenta l'unità materiale del mondo, aldilà della quale la vita oggi non avrebbe alcun futuro. Una unità che senza il supporto fondamentale del cervello e senza il concorso della consapevolezza e dell'organizzazione sociale, non si reggerebbe in piedi, ai livelli attuali, neanche un minuto.
E' molto probabile che lo sviluppo futuro dell'umanità sarà caratterizzato da una autonomia e universalità ancora maggiori. Potremo usare nuove energie e saremo più indipendenti dalle avversità climatiche e alimentari. Aumenterà fortemente l'informazione, il che permetterà di prevedere determinati fenomeni, di anticipare determinate azioni. La diversità dei popoli, delle razze, delle etnie, lingue, religioni... sarà in un certo senso 'integrata'. Tutto ciò e altro ancora sembra essere alla portata dell'uomo, sulla base naturalmente delle attuali acquisizioni tecnico-scientifiche e delle potenzialità delle forze produttive.
Esiste tuttavia un altro modo di vedere le cose, che a molti forse apparirà troppo pessimista. Quello secondo cui la nostra civiltà, come ogni altra, ha un limite determinato a priori, dal suo stesso sviluppo. Una volta raggiunto il traguardo essa, in un certo senso, si autodistrugge, poiché crea condizioni che rendono la vita impossibile. I futurologi occidentali prediligono questo orientamento e mirano a sottolineare l'esaurimento delle risorse naturali, la sovrappopolazione, l'inquinamento dell'ambiente, la crisi alimentare, ecc.
Questo punto di vista tende a considerare come 'definitivi' singoli fenomeni di crisi, senza cioè comprendere che questi esistono proprio per dimostrare all'umanità che il passaggio a un livello superiore di consapevolezza e di organizzazione è indispensabile. L'umanità si trova messa a confronto con le conseguenze della sua attività. Ciò significa che al cospetto dei fattori distruttivi, l'umanità deve saper reagire con prontezza ed efficacia, se vuol sopravvivere.
Senza dubbio niente predetermina fatalmente la fine o l'eterna esistenza di questa o quella manifestazione particolare della materia nell'universo. E' assurdo parlare di tendenza fatale all'autodistruzione o alla scomparsa dell'evoluzione universale. La valorizzazione di nuove energie (solare, nucleare, eolica, ecc.), lo sviluppo della biologia e biotecnologia, dell'ingegneria genetica, l'organizzazione globale della protezione dell'ambiente, la messa a punto di antimutageni, il trasferimento nello spazio cosmico di talune produzioni, la vasta cooperazione tecno-scientifica mondiale, il rapido progresso della conoscenza del micro- e macrocosmo: questo e altro ancora può essere messo al servizio dell'umanità.
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