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Avventura a Montodine
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Avventura a Montodine

 :: Avventura a Montodine ::

In questa pagina metto gli avvenimenti principali ed i documenti che i giocatori hanno scoperto finora, così che possono studiarseli ben bene a casa:D

Indice

Cronologia degli avvenimenti

20 febbraio

  • Nella mattina, arrivate a casa di Ilian Scarpa
  • 17:00: visita alla camera ardente del Conte Aurelio; parlate con Paola Uggeri
  • 17:30: salta la luce, e forme puzzolenti e misteriose trafugano il corpo
  • Seguendo le impronte, trovate un pezzo di braccio del povero Conte
  • 21:00: sentite rumore di passi in piazza
  • 22:15: udite dei rumori al secondo piano del castello, ma non vedete nessuno
  • Visita del palazzo scoprendo che il terzo piano è sbarrato
  • 01:00 durante la notte, si odono grida terribili, e fate brutti sogni. Gli anziani pare colleghino queste grida a qualche leggenda popolare
  • Il sindaco sparge sale ovunque passa

21 febbraio

  • Nella mattinata, vi giunge voce dell'orrenda profanazione della tomba di Mario Arpini
  • Fate visita a Sandro Parati, che vi dà le chiavi della cascina, e alla figlia
  • In cascina vedete impronte di scarpe da ginnastica numero 38, nel fango della stalla
  • I vecchi al bar vi raccontano qualcosa. Il dottor Pietro Regonesi è lì ad ubriacarsi da solo
  • 12:30: il dottore gira pazzo urlando per le strade
  • Trovate il baule a casa sua, e riuscite ad aprirlo e a leggerne il contenuto senza fare danno
  • 16:00: una scossa di terremoto scuote il paese
  • 16:15: il dottore si suicida
  • Scoprite il cadavere della maestra Mariapia Ardigoni appeso ad una corda: si è impiccata
  • L'amica della maestra vi racconta della tresca che c'era tra lei e Paola

Diario di Pietro Regonesi

10 giugno 1957. Ho parlato ancora con Paola Parati. Mi racconta del padrone, che non sta molto bene. Quella donna mi turba: è bella, forse troppo bella, e il suo profumo mi stordisce, letteralmente.

7 settembre 1957: Sono stato al Palazzo. Il Conte non è molto in forma, deve avere qualcosa sicuramente, attendo che quelli di Milano mi diano un responso. Ma non c'era bisogno che andassi ancora oggi, anzi, probabilmente la mia presenza avrà creato un senso di attesa che non posso soddisfare, in quanto non ho ancora quei dannati esiti. Devo ammetterlo: se vado al Palazzo, è per vedere lei. Sono stato due ore in cucina, nella penombra, a parlare con Paola. Mi era vicino, molto vicino, e mentre la sua bocca si muoveva la mia mente vagava, come in un allucinazione... Dovrei dormire, stanotte, domani sarà una lunga giornata, per via delle vaccinazioni obbligatorie, ma non ce la faccio, penso a lei in continuazione!

23 settembre 1957: È successo anche oggi! Nel corridoio al piano terra, mi ha abbracciato, e mi ha baciato ancora! Ho vergogna addirittura a scriverlo, tanto mi sembra una cosa invereconda, ma la sua lingua... no, non dirò niente. Sono sicuro di piacerle, lo vedo nei suoi occhi, così come lei lo vede nei miei!

24 settembre 1957: Ha detto che ci incontreremo! Stavo per chiederle di più, ma un rumore di passi ci ha interrotto.

3 ottobre 1957: Sto scrivendo al tavolo, ancora impregnato dell'odore di lei... Paola è stata qui, se n'è appena andata... Dio mio, che ore meravigliose! Ha raccontato al marito che doveva vegliare sul Conte, e invece è venuta da me. Mi vergogno un po' di tutto quello che abbiamo fatto, non avrei mai pensato che tra un uomo e una donna si potesse giungere a tanta intimità! Sta albeggiando, e già non vedo l'ora che ritorni la notte, per poterla rivedere, e riabbracciare, e baciare in ogni parte del suo corpo!

19 ottobre 1957: Quello che è accaduto l'ultima volta è stato solo un assaggio. Ha portato quelle polveri, alla fine, e l'effetto è stato strabiliante. Non ho mai raggiunto vette così alte di piacere in tutta la mia vita. Lei sembra una maestra, in questo, pare che abbia studiato per anni l'arte di portare gli uomini in paradiso! Tutti i movimenti del suo corpo meraviglioso sono finalizzati al piacere, è incredibile! Finalmente mi sento un uomo, capisco quello che voglio fare nella vita, mi sono reso conto che tutte le fobie che mi hanno paralizzato finora possono essere spazzate via, completamente! Ho intravisto la libertà, tra le braccia di Paola, e sono sicuro di poterci riuscire. Potrò scrollarmi di dosso questa timidezza, e finalmente perseguire fino in fondo le mie ambizioni!

10 dicembre 1957: Devo assolutamente mettere in pratica i miei propositi: le visioni di dominio e di potere si susseguono, e non vedo l'ora di metterle in pratica. Stanotte ho sognato una torre altissima, sulla quale mi ergevo, e da cui con lo sguardo dominavo l'intera valle. E tutta la gente, minuscola, ai miei piedi, mi venerava come un dio. Ecco, questo è quello che ho sempre desiderato! Ora voglio che accada! Devo però pensare anche al Conte, Paola me lo chiede con insistenza.

11 febbraio 1958: il siero non funziona. Deve avere trascritto male gli ingredienti.

15 febbraio 1958. Avevo ragione, purtroppo Paola non ha potuto studiare. Ho provato il siero sul gatto dei Marchesi, e ha funzionato: l'animale si è messo in un angolo, triste, e ha rifiutato il cibo per tutta la giornata. Paola è stata qui a festeggiare: è stata SELVAGGIA. Sono coperto dei graffi che mi ha inflitto.

2 maggio 1958. La notte scorsa ho dormito male, e ho fatto degli incubi. Mi sono svegliato pieno di incertezze, e durante tutta la giornata sono stato colpito dai dubbi. Osvaldo reagisce come dovrebbe, ne sono fiero. Paola è venuta ancora a farmi visita, ma oggi era stranamente stanca, lei di solito così energica ed indomabile. Ho provato a consigliarle dei ricostituenti, ma si è limitata a ridere.

17 luglio 1958: Sono costretto a lasciar perdere gli studi sul ragazzo. Il Conte ha un orrendo cancro alle ossa. Si tratta di una malattia difficilmente diagnosticabile, per questo ci abbiamo messo così tanto per rendercene conto. Ma anche se ce ne fossimo accorti prima non ci sarebbe stato niente da fare. Paola è triste, è cupa, come mai l'ho vista. Effettivamente deve tenere al conte più di quanto non creda lei stessa. Devo riconoscere di esserne geloso... si può essere geloso di un morente? Quando lui non ci sarà più... ma che sto pensando?

20 agosto 1958: Paola è venuta da me, oggi. Aveva una strana luce negli occhi. Mi ha chiesto di preparargli una medicina con certe sostanze. L'ha trovata sugli stessi libri sui quali ha recuperato la formula del siero che iniettavamo al ragazzo. Dice che serve per aiutare il Conte. Lei sa che sono molto scettico, in proposito, e oggi gliel'ho ripetuto. Ma non mi ha ascoltato: è convinta di quello che dice. Mi ha chiesto di preparare il tutto che poi penserà lei a somministrarlo al paziente. Le ho domandato se il Conte è a conoscenza di questi suoi tentativi alchemici: mi ha guardato con uno strano sguardo, e ha risposto di sì. Evidentemente quell'uomo deve essere disperato, per ricorrere a questi intrugli. D'accordo che per la faccenda del ragazzo le cose sono andate esattamente come volevamo, ma questa è ben'altra situazione...

10 novembre 1958: Paola è sempre più contenta, pare che le sue cure funzionino. È tornata da me, come ai vecchi tempi, anzi, con una carica in più. Il Conte sta crepando, ma non mi interessa: a me interessa lei, e se non si rende conto della dura realtà, non me ne frega assolutamente nulla.

16 giugno 1960: Il Conte è morto. Era veramente messo male, spero che vada all'inferno. Ma per quale motivo Paola non ha battuto ciglio? Che cosa mi sta nascondendo?

Ultime riflessioni di Pietro Regonesi

Paola è tornata! Ne sono sicuro! L'ho vista, la notte scorsa, ed era lei... giovane, ancora più bella, ma sempre lei. La sua stessa aura licenziosa ed immorale, la sua stessa forza diabolica, che le viene dalle profondità immonde dell'Inferno... È tornata! L'antica Dea sceglie i suoi seguaci tra gli uomini e le donne belli ed ambiziosi, e in essi travasa la propria forza. Loro non lo sanno, ma la diabolica divinità li adopera per i propri orribili scopi. Promette e blandisce potere, denaro e successo, e le povere vittime le giurano eterna fedeltà, non sapendo che compiendo il blasfemo rituale piomberanno la Terra in un'epoca oscura che da millenni si credeva definitivamente vinta e scomparsa! Ma non è morto ciò che può attendere in eterno: dopo strani eoni, la morte stessa può morire! Il pericolo è concreto: occorre fermare questa donna prima che possa compiere ciò che ha in mente. Non so esattamente come, né è facile immaginare il perché di una tale volontà inconcepibilmente malvagia: ma che cosa è la mente umana per comprendere gli oscuri disegni di una divinità che ci precede di secoli? Questo paese è maledetto, e quella giovane donno – oh, Dio, quanto è bella! - è foriera di immense sventure! Chiunque sarà in grado di leggere queste mie parole, vorrà dire che si è inoltrato nella strada della conoscenza, e mai più la sua vita sarà la stessa. La mia è stata segnata dalla colpa, ed ora non posso che togliermi la vita. La mia anima è di proprietà della Dea, e sono stato io a consegnargliela, vittima della mia stessa ambizione! Non ho nessun potere, e gli ultimi attimi di lucidità mi toglierò la vita, prima di perderla definitivamente come quei sette poveretti.

A chiunque leggerà queste mie parole: fermatela!

Pietro Regonesi

Lettera di Maddalena Torlini al marito, Aurelio Benvenuti

Data: 10 agosto 1949.

Aurelio,
chissà quando leggerai questa lettera. Le mie condizioni di salute peggiorano, e nessuno dei dottori riesce a capire perché. Il dottor Foppa non sa più che pesci pigliare, ma continua a sperare in una cura. Io non ci spero più. Ho capito che morirò presto.

Ti ho amato, Aurelio, e pareva che anche tu m'amassi. Ora non è più così, lo sento. Nel tuo cuore albergano altri sentimenti, altre passioni, e quando mi guardi avverto che mi consideri un impiccio ai tuoi progetti. Ma quali sono questi tuoi progetti? Sono tua moglie, hai promesso in Chiesa, di fronte a Dio, di amarmi e proteggermi, e di condividere con me la sorte! Ma tu te ne sei andato, e la mia salute peggiora di giorno in giorno, e dove sei, tu? Non sei al mio fianco... Io mi sento sola, in questo paese. Non ho mai conosciuto bene i tuoi compaesani. Per carità, non ho niente contro di loro, ma io ai loro occhi resto sempre una forestiera. Speravo che attraverso la tua presenza sarei riuscita a farmi amica di costoro, ma non è stato così. Mi rendo conto ora che hai sempre cercato di tenermi isolata. Per quale motivo? Perché mi fai questo? Quali oscuri desideri ti hanno spinto a comportarti in tale modo?

Morirò senza saperlo mai. Tu leggerai questa lettera quando sarò già morta. Chissà se ti dispiacerà.

Non più tua,
Maddalena.

Note sulla divozione popolare in Montodine, ed altre credenze popolari, a cura di Guercilena Francesco, Preposto della Parrocchia di Santa Maria Maddalena in Montodine.

Nel 1154 Federico Barbarossa, in lotta contro Milano, si accampò presso il Monte Odano. Ma perché si conosce questo particolare? Il motivo è che i suoi biografi riportano che l'Imperatore attribuì all' “aria malsana del luogo” una sua indisposizione che lo costrinse poi a rallentare le operazioni militari.

Quando Pico Benvenuti nel 1440 sterminò la famiglia, tutto il paese si schierò dalla sua parte, perché l'opinione diffusa era che la moglie e le tre figlie fossero streghe. Non so quanto di vero ci fosse, ma se fu scomodato un Inquisitore per indagare sulla faccenda, vuol dire che c'era sentore di Eresia. Sicuramente una parte di ciò è dovuta al fatto che la strage fosse avvenuta la notte del 1° maggio, ovvero la notte di Valpurga, in cui le Streghe si danno convegno col Demonio in forma di Caprone, e danzano sotto la luna in atteggiamenti osceni. La cosa ancora più strana è che non solo Guglielmo di Somaglia viene liberato da Guglielmo di Somaglia, l'Inquisitore, ma che quest'ultimo si diede anche pena di riabilitarlo pubblicamente, quasi chiedendo scusa al Conte per l'incarcerazione, peraltro “atto dovuto”, come diremmo noi moderni.

Nessuno inoltre cita i tre muratori impiccati durante la costruzione del Palazzo Benvenuti al principio del secolo XVI. Pare che avessero fatto troppe domande e visto probabilmente troppe cose. Vennero impiccati e lasciati in piazza per giorni interi, fino a che il puzzo dei cadaveri in decomposizione non si fu fatto insostenibile per la gente che abitava nei pressi. C'è almeno una testimonianza di una persona che giura che di notte attorno a quei cadaveri strane figure incappucciate le riempissero di maledizioni oscure. D'altronde, anche i capi del piccolo drappello di Lanzi che, 15 anni dopo, si scatenarono sul paese, si giustificarono presso i superiori dicendo di aver visto gente del paese lanciare verso di loro terribili maledizioni, prima di dissolversi nella nebbia. Per la superstiziosa gente del Nord questo doveva essere veramente angosciante.

Ci sono ancora anziani che ricordano, in un racconto riportato dai loro nonni, e a questi dai loro padri, che il Conte Ersilio Benvenuto, archeologo dilettante, al ritorno dal suo viaggio in Siria al seguito della spedizione dell'Accademia delle Scienze di Milano, portò con sé degli oggetti di antichi popoli mediorientali, che poi mantenne in esibizione a titolo gratuito in una sala appositamente allestita al piano terra del suo palazzo. Si trattava di statuette votive, di oggetti d'uso quotidiano e di altri cocci che presumibilmente rivestivano una certa importanza storica. Ma nell'inverno di quell'anno – il 1755 – fu usato uno di quegli oggetti – una daga di bronzo – per compiere un omicidio: Addolorata Crespini uccise il marito Giovanni, prima di darsi alla fuga nei campi. Di essa si trovò solamente la veste, e il cadavere orrendamente maciullato, cosa di cui furono incolpati i lupi. Il piccolo museo venne poi chiuso, e al giorno d'oggi i Benvenuti non sanno dire che fine abbiano fatto quelle anticaglie.

La cosa più inquietante, tuttavia, e che ancora popola l'immaginazione collettiva più di un secolo dopo il suo accadere, riguarda la nascita di Ardengo Benvenuti. La notte del 15 gennaio, mentre Ardengo veniva al mondo, l'intera cittadinanza udì delle terribili grida provenire dalle strade del paese, senza sapere peraltro chi – o cosa – le avesse prodotte. Per qualche ragione queste grida sono rimaste nell'immaginario di tutti i Montodinesi, che se ne tramandano il ricordo di padre in figlio, nelle notti d'inverno, e che sostengono essere un presagio funesto. E tuttavia non ne vedo il motivo: non pare proprio che nel 1823 esse avessero annunciato una sciagura.

Sempre riguardo alla vita di Ardengo, c'è chi giura che nel 1848 solo la stregoneria permise a lui e ai suoi sette compagni, braccati dagli austriaci, di fuggire e riapparire alle spalle del drappello nemico. E ancora meno persone sanno che tre di loro, morti di febbri emorragiche, furono seppelliti proprio qui, nel cimitero di Montodine. La loro tomba si trova nei pressi della tomba della famiglia Benvenuti, e il nome che compare sulle lapidi è quello di Rosario Sammartino, Giulio Chiari e Giovanni Luca Santucci. La cosa curiosa è che non c'è traccia, nei registri parrocchiali dell'epoca, dell'atto di sepoltura di costoro. Probabilmente questa omissione la si deve al fatto che ai tempi i disordini in Italia impedissero un normale svolgimento delle attività amministrative.

L'ultima nota folcloristica che riporto riguarda un'altra nascita, quella di Aurelio Benvenuti, che è venuto al mondo il 20 gennaio del 1906. Sono ancora vive le persone che giurano di aver udito, quella notte, le grida funeste di cui si tramanda memoria, e altri ancora asseriscono di aver visto il Demonio in forma di caprone cavalcato da una donna ignuda nei cieli del paese. Ora, quello che mi insospettisce è questo: perché solo alcuni hanno sentito le grida, e non tutti, come pare fosse invece accaduto nel 1823? Trattasi di suggestione, secondo me. Inoltre, l'iconografia popolare del Caprone e della Donna Biotta su di esso è troppo diffusa e generica per poter essere di qualche aiuto. L'unica cosa veramente misteriosa riguardante Aurelio è che fu rapito dalla madre pochi mesi dopo la nascita, e ritrovato dal padre 3 anni dopo. Della madre, Martina De Magistris, non si seppe più nulla, ma la gente ricorda ancora i festeggiamenti indetti dal conte, a cui tutti i montodinesi furono invitati.

Resoconto su don Francesco Guercilena, al Vescovo monsignor Francesco Maria Franco

Questa è la testimonianza che don Francesco Guercilena ha reso in merito alla sua volontà di abbandonare la cura delle anime del paese di Montodine:

Venni chiamato dalla famiglia Benvenuti, poiché il Conte Aldobrando stava per rendere l'anima al Signore, mi dissero. In realtà l'anima la rendeva sì, ma sicuramente non a Dio, bensì al Demonio! Arrivato nel palazzo, venni condotto a lume di candela per i corridoi, per quanto l'intero edificio fosse stato completamente allacciato alla rete elettrica. La cosa mi urtò non poco, perché la candela gettava ombre inquietanti sui quadri e sulle statue che quella gente teneva per la casa. Ma non sono state delle ombre a farmi prendere questa mia decisione, nossignore: è stata l'espressione sul volto del Conte Aldobrando! Il Signore mi protegga, e protegga le mie notti, perché da quando la vidi non passa notte senza che essa mi appaia in un incubo! E il morente mi chiamò vicino a sé, e io per senso del dovere non potei rifiutare, ma Dio sa se non avessi preferito fuggire, che il Signore mi perdoni! All'orecchio, sibilando come un serpente, mentre un miasma di tomba usciva dalla sua bocca e dal suo corpo ormai marcescente, mi disse che il proprio figlio – Aurelio – era pericoloso, andava allontanato, e che c'erano oscuri segreti che non andavano rivelati. Non so perché me lo dicesse, né ho voglia di scoprirlo, in quanto credo che si trattasse solo dei vaneggiamenti di un vecchio pazzo e bilioso, ma la cosa sul momento mi inquietò terribilmente. Il medico mi confermò che il moribondo non avrebbe visto la luce del giorno successivo, e dopo averlo benedetto – possa questa mia benedizione aver sortito qualche effetto su quell'anima terribile! - me ne tornai a casa. Ma lungo il tragitto che porta dal palazzo fino alla mia casa, ebbi un incontro di cui non ricordo molto, ma la cui impressione è ancora vivissima. Ricordo di aver sentito per primo un odore indescrivibile, un fetore uscito dalle fauci dell'Inferno, se così posso definirlo. Dapprima era lontano, ma poi si fece più vicino, intollerabile, e ad un certo punto mi resi conto che proveniva da una forma umanoide di fronte a me! Non l'avevo vista avvicinarsi, e mi inchiodai, in preda al terrore ed al ribrezzo. Era sicuramente una forma umana, ma non ne distinguevi i lineamenti a causa dell'oscurità! Rimasi immobile, non sapendo che fare, troppo spaventato persino per implorare l'aiuto divino, mentre osservavo l'essere che si muoveva in un modo tanto ripugnante da apparire blasfemo. In pochi secondi giunsero altre di quelle forme – giunsi a contarne sette – e avvertii palpabile un senso di minaccia oscuro. In qualche modo sviluppai la certezza assoluta che quelle creature dell'Orco fossero legato in qualche orribile modo alle parole di sciagura dell'Aldobrando morente. Non ricordo altro, perché svenni, non appena la creatura più vicina a me aprì la bocca e parlò. Parlava in italiano, ma la voce non era di questo mondo... Non so che cosa disse: la gente del paese mi ritrovò all'alba sul sagrato della Chiesa, in preda a tremiti incontrollabili. Voi non crederete a niente delle mie parole, e mi riterrete un vecchio pazzo. Fate quello che volete: io laggiù non ci torno, e consiglio anzi a monsignor il Vescovo di procedere ad un'esorcismo generale di quel paese maledetto, e della stirpe blasfema che lo popola!

Storia del Cremasco dai tempi antichi ai giorni nostri

Le informazioni relative a Montodine sono le seguenti:

  • in epoca pre-romana, si hanno voci di insediamenti di un “popolo maledetto” a sud-est di Melpum, che poi diverrà Milano (fondata nel 396 a.C.)
  • 226 a.C.: i Romani concedono la cittadinanza romana alle genti della Pianura Padana, e in concomitanza si ha notizia di una spedizione militare in una zona a sud-est di Mediolanum, presumibilmente la stessa che le fonti celtiche riportano essere abitata da una gente “maledetta”. Da altri resoconti di storici minori pare che le voci dei Celti, alla prova dei fatti, si fossero rivelate infondate.
  • 1128 d.C: Accenni al villaggio in cima al Monte Odano in documenti rinvenuti a Crema
  • 1154 d.C: Il Barbarossa si accampa presso il Monte Odano, durante la sua campagna contro Milano.
  • 1348: la Peste Nera infierisce sull'Europa. Nel Cremasco solo Montodine scampa al flagello.
  • 1380: Benvenuto, cavaliere dei Visconti, riceve in feudo le terre di Montodine in seguito a non meglio precisati favori fatti a Bernabò Visconti, allora Signore di Milano.
  • 1440: il Conte Pico Benvenuti uccide, nella notte del 1° maggio, la moglie Artemisia e le tre figlie. Viene imprigionato per 5 mesi, ma l'inquisitore Guglielmo da Somaglia in seguito alla sua indagine lo fa liberare.
  • 1503: Viene eretto il Palazzo Benvenuti, in luogo di un'antica cascina abbandonata, fuori dall'originale cinta muraria del paese.
  • 1517: Calano i Lanzichenecchi in Italia, e infieriscono sul Cremasco, in particolare su Montodine, in quanto una sorta di isteria collettiva li spinge a pensare che nel luogo vi abitassero delle streghe.
  • 1630: La Peste (quella del Manzoni, per intenderci) colpisce l'Italia, ma ancora una volta nel Cremasco il solo comune di Montodine, probabilmente a cagione della vicinanza dei due corsi d'acqua, ne esce immune.
  • 1726: La piena dei fiumi Adda e Serio, dopo aver devastato mezza Lombardia, si ferma improvvisamente in vista dell'abitato di Montodine. I cittadini, che attendevano sciagure nei campi, assistono all'improvviso assorbimento dell'onda di piena “nelle viscere della terra” (così raccontarono). La Sagra del paese viene celebrata il 22 luglio in memoria di questo evento. Tuttavia, più a valle nel corso dell'Adda, il fiume straripa e produce danni consistenti.
  • 1803: Il conte Ambrogio Benvenuti fa ristrutturare il palazzo di famiglia.
  • 1848: Battaglie contro gli austriaci anche nel Cremasco. A Montodine il conte Ardengo Benvenuti, inseguito dagli austriaci, riesce a sopraffarli prendendoli alle spalle assieme a 7 compagni. Celebrati come eroi, 3 di loro morirorno in breve tempo di febbri emorragiche contratte nella zona, e di altri 4 si ha traccia in un posteriore registro dei disertori compilato dallo Stato Sabaudo. I loro nomi sono: Rosario Sammartino, Giulio Chiari, Giovanni Luca Santucci, Diego Cappellini, Alessandro Petris, Stefano Rossardi, Guido Pollena. Una lapide ancora li ricorda su di un muro in via Benvenuti.

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