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Lo squalo - Lo squalo
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Lo squalo - Lo squalo

 :: Lo squalo - Lo squalo ::

Lo Squalo di Steven Spielberg è un film sugli ultimi tragici giorni di Carchadoron, il sensibile squalo bianco che dedicò la sua breve ma intensa vita alla difesa dei diritti dei propri simili, purtroppo calpestati in modo insopportabile dagli umani. Da sempre fautore della via non violenta, fu promotore di numerose campagne di sensibilizzazione, non ultima una pubblicità per la Arena in cui giocava a palla con un simpatico natante (vedi video accanto). Il suo intento era colmare quella distanza che separava le due specie, dovuta – parole sue – a secoli di "invidia, diffidenza e pregiudizio".
Nei mesi precedenti il suo omicidio si era messo in contatto con Matt Hooper, un noto biologo marino, con il quale stava organizzando un festival di fratellanza sull'isola di Amity per il 4 luglio. Erano previsti forum, conferenze e giochi di gruppo che sarebbero culminati nottetempo con lo spettacolo pirotecnico e l'immancabile bagno di mezzanotte nelle acque infestate dagli umani. Sarebbe stato il coronamento di una vita di sacrifici per Carchadoron, la pace e la fratellanza tra le due specie. Ma era una trappola.

Pochi giorni prima del 4 luglio venne a sapere da suo cugino che era stato ritrovato il cadavere maciullato di una ragazza (Chrissie) su una spiaggia dell'isola. Precipitatosi immediatamente per esprimere il proprio cordoglio alla famiglia della sventurata, venne a sapere da un granchio che la ragazza aveva urtato una mina subacquea (residuo bellico risalente alla guerra fredda, silenziosa e letale) ed era saltata in aria; i suoi amici erano talmente fatti che non si erano accorti di niente. Il crostaceo gli disse inoltre che per evitare spiacevoli ripercussioni sul turismo ed inutili allarmismi, il capo della polizia locale Martin Brody aveva preferito attribuire il decesso a un più sobrio attacco di un feroce squalo. Il consiglio comunale, dopo avergli dato dell'idiota, divulgò la notizia come "incidente nautico".
"Siamo alle solite", pensò Carchadoron, "ma almeno stavolta non daranno la colpa a noi. Però, tipetto animoso quel poliziotto...". Animoso, già.

Rimase in zona per bonificare la costa dalle mine come atto di buona volontà, ma le persone che lo avvistavano più che riconoscenza provavano timore o sospetto. Stavano infatti circolando per Amity una serie di voci calunniose che insinuavano un suo coinvolgimento nella morte di Chrissie. Tali diffamazioni erano solo la prima fase di una spietata congiura il cui fine ultimo era sabotare il festival del 4 luglio, così da impedire ogni forma di fraternizzazione con l'altra specie. I sabotatori erano tre: il perfido poliziotto Martin Brody, il sanguinario assassino di squali Quint, e - colpo di scena - il traditore Matt Hooper!
Quando un altro ragazzino venne fatto a pezzi da una seconda esplosione sottomarina iniziò un'autentica caccia alle streghe contro gli innocenti pescicane, con tanto di taglia di 10000 dollari sulla loro testa. Nella bagarre che si scatenò perse la vita Galeocerdo, uno squalo tigre di 28 anni, padre di 754 squalotti, il cui cadavere venne orrendamente esposto come trofeo sul molo e nottetempo squartato dagli ignobili Hooper e Brody per il loro divertimento.

La Comunità Atlantica degli Squali non prese bene questi avvenimenti e qualche (pesce)cane sciolto delle falangi più agguerrite vendicò Galeocerdo uccidendo il pescatore che l'aveva ammazzato. Occhio per occhio, dissero. Carchadoron non approvò, anzi cercò di tamponare questa nuova ondata di violenza sostenendo che l'unico modo per evitare un bagno di sangue era partecipare alla festa del 4 luglio così come concordato. Solo così la gente avrebbe riconosciuto che dietro quelle pinne triangolari e quei sorrisi smaglianti si nascondevano dei simpaticissimi mattacchioni. Nulla da fare, il massimo che ottenne fu una tregua di 48 ore.

Il giorno della festa dell'indipendenza il nostro squalo pacifista nuotò da solo verso Amity, ingenuamente convinto di poter ancora realizzare il suo sogno. Verso riva notò alcuni ragazzi che si prendevano gioco della sua specie indossando una pinna caudale di legno sulla schiena e nuotando in circolo. Carchadoron volle dimostrare la sua sviluppatissima verve autoironica raggiungendoli con l'intenzione di giocare un po' ad acchiapparella. Il panico.
Le persone a riva urlarono come forsennate, quelle in acqua si dimenarono come indemoniati, mandando così facilmente in tilt i delicati organi sensoriali del protagonista. Nuotò a casaccio fino a un canale, in evidente stato confusionale, e ancora intontito urtò due barche rovesciandole. La botta lo fece immediatamente rinsavire e subito andò a dare una mano a galleggiare all'uomo che aveva rovesciato in acqua, che da come si agitava sembrava non sapesse nuotare. Sfortuna volle che un calcione del tizio gli colpisse un nervo sensibilissimo alla base delle fauci, che con una contrazione involontaria si serrarono sulla gamba, amputandogliela. Addolorato e imbarazzato, Carchadoron capì che era finita, non avrebbe mai più ottenuto quello per cui aveva sempre lottato. Senza badare più a nulla decise di scappare con la coda tra le pinne, e non fare mai più ritorno all'isola.
Non poteva sapere che su una delle barche rovesciate c'era il figlio del capo della polizia, il vendicativo e malefico Broody, che l'aveva già condannato a morte.

I tre congiurati si ritrovarono al campo base, l'orrendo museo della morte del cacciatore Quint, ove egli esponeva dozzine di scheletri di squalo. Qui organizzarono la spedizione di caccia al fuggitivo a bordo della bagnarola "Orca". La lotta era decisamente impari: loro armati di tutto punto e al riparo di uno scafo (non omologato), lui costretto a fronteggiarli con la sola intelligenza.
Partirono il giorno stesso e lo raggiunsero di lì a poco - bella forza: mica nuotavano, loro! - gettando tutto intorno un pasturo di pesci assassinati il cui sangue cominciò ad ammorbare l'acqua pura del mare aperto. Carchadoron emerse in superfice in tutto il suo splendore per riprendere fiato, terrorizzando i tre vigliacchi che subito lo arpionarono a tradimento senza nemmeno un processo sommario. Per una notte e un giorno il protagonista sperò in un loro ripensamento e affiorò spesso per cercare perdono, ma i tre continuarono ad approfittare della sua indulgenza sparandogli contro ogni genere di proiettile e mantenendolo legato alla barca per mezzo degli arpioni. Convintosi alfine che non l'avrebbero mai liberato, decise di andarsene nuotando in direzione contraria sperando di spezzare la corda; i suoi aguzzini non rispettarono nemmeno quest'ultimo desiderio di libertà e partirono a tutta velocità nella direzione opposta. Attingendo alle sue energie nascoste, quella splendida creatura marina nuotò con tutte le sue forze e nonostante le ferite mandò in panne il motore della zattera.

Invece di riconoscere la loro inferiorità, i tre vili decisero di giocare la carta dell'inganno. Il biologo Hooper si fece calare in acqua all'interno di una gabbia metallica, con intenzioni apparentemente pacifiche. Carchadoron interpretò questo gesto come un tardivo tentativo di rappacificazione, una tregua, una reciproca ammissione di colpe. Ne fu felicissimo e si avvicinò al gabbiotto dandogli un colpetto con la testa per attirare l'attenzione del biologo. Lo spavento e la coscienza sporca di quest'ultimo lo fecero sobbalzare, lasciando scivolare dalle mani un curioso bastone appuntito che cadde sul fondo. Per nulla sospettoso e anzi convinto che si trattasse del tipico gioco tra uomini e canidi, il protagonista per dimostrargli le sue buone intenzioni recuperò il bastone; quando però tentò di consegnarlo in mano a Hooper, questi si spaventò a morte e scappò via da vigliacco qual era. Carchadoron lo cercò ovunque senza successo e preoccupatosi sinceramente per la sua sorte decise di saltare a bordo della barca per avvisare i suoi due amici. Lo scafo non aveva passato le ultime cinque revisioni, e non appena il pescecane vi si adagiò lo mandò in frantumi facendolo impennare. "Non ne faccio una giusta", pensò amareggiato, "ma ormai cosa può succedere di peggio?!".

Proprio in quel momento gli scivolò in bocca Quint l'assassino. Uno squalo non ha braccia, non ha lingua... come poteva risputarlo fuori?? Non potè fare altro che divorarlo passivamente, traendone in verità un'intima soddisfazione di cui subito si vergognò. Ma in fondo, chissà quanti dei suoi parenti aveva ucciso quel maledetto, e senza alcun rimpianto: questa era giustizia divina!
Appena la barca cominciò ad affondare, Carchadoron si liberò e andò timidamente da Broody a chiedergli scusa per lo spavento che aveva fatto a prendere al figlio. Quell'infame ne approfittò per lanciargli in bocca una bombola d'ossigeno, che fatalmente gli si incastrò proprio sui denti del giudizio, provocandogli un dolore atroce.

L'ultima cosa che il nostro amico squalo pensò prima che un colpo fortuito - sicuramente non dovuto a perizia balistica - facesse esplodere la bombola e con essa la sua testa, fu: "E' finita. Spero solo che qualcuno faccia un film su questa storia, così che venga fatta giustizia sul mio nome".

Spielberg fu invece spietato: non solo lo fece passare per cattivo ma tagliò anche il vero finale della vicenda, coi due assassini superstiti che mentre nuotavano verso riva furono contesi da 300 squali accorsi per l'happy hour.


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